STORIE
DI SPORTIVI #1 - MILOS RAONIC
QUEL
CANADESE CHE ASPETTAVAMO
Di
MATTEO POSSAMAI
Non è il titolo di un film ma il sogno di tutti
coloro che cantano “O Canada”. Ovviamente stiamo parlando di tennis e di un
giocatore che è il futuro di questo sport e ci auguriamo possa mantenere le
aspettative. Nasce a Podgorica, in Montenegro, il 27 dicembre 1990 da mamma
Vesna e papà Dusan (entrambi ingegneri) ma in quegli anni l’Europa dell’est non
è un posto tranquillo e la famiglia decise di emigrare in Canada dove Milos
acquisisce la nazionalità fin da subito e sulla sua patriotticità ha recentemente
dichiarò: “Continuerò a giocare per il Canada”. Iniziò ad allenarsi all’età di
8 anni e, viste le lacune economiche, prenotava i campi alle 6 e mezza di
mattina o alle 9 di sera semplicemente perché costavano poco. Inizialmente fù
seguito da Casey Curtis e successivamente da Frédéric Niemeyer poi Galo Blanco
quindi Riccardo Piatti con Ivan Ljubicic. Suo padre gli comprò uno sparapalline
ma Raonic lo usò talmente tanto da demolirlo. Un talento dove il gioco è
l’opposto del carattere: un gioco basato sul servizio devastante (241km/h come
record personale) e infatti, a riguardo, Djokovic disse: “Non ricordo l’ultima
volta che mi sono trovato così in difficoltà nel rispondere al servizio di
qualcuno”. Un gioco basato anche su un diritto fulminante e tutto ciò
accompagnato da una calma quasi unica ed una impassibilità mimica più unica che
rara. Ma quali sono i segreti di quest’uomo? Tifoso del Real e dei Toronto
Raptors, ad ogni servizio lascia rimbalzare la pallina 8 volte e poi dondola 2
volte con il corpo prima di servire, è solito mangiare una bistecca al sangue
la sera prima di ogni partita e ama trascorrere il tempo libero su Skype con i
propri genitori o guardando un film. La fascia sul braccio destro è per
superstizione? No, semplice comodità. Il suo idolo d’infanzia è Pete Sampras e,
a questo proposito, Raonic ha dichiarato “Registravo tutti i suoi match che
passavano in tv” e ancora “Ho visto giocare tante volte Pete Sampras, mio idolo
d’infanzia, e non finiva mai nei campi secondari. Perché i campioni giocano
sempre sul centrale”. Poco dopo essere diventato professionista, il canadese si
è espresso così nei confronti della propria famiglia: “I miei genitori mi hanno
insegnato a non misurarmi mai con i miei connazionali: non devo avere il Canada
come termine di paragone ma tutto il mondo. Devo abituarmi a lottare per essere
il migliore”.
Insomma, dopo Greg Rusedski, il Canada ha un nuovo talento.
MATTEO
POSSAMAI
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